LA MINIGONNA: 60 ANNI DI RIVOLUZIONE
Team ISSUE - Giugno 13th, 2025
La minigonna, più che un semplice capo d’abbigliamento, è da sessant’anni un simbolo di emancipazione femminile e di rottura con i canoni più conservatori della moda. Nel corso delle decadi, è stata al centro di polemiche, ma anche di ammirazione e trasformazione, mantenendo intatta la sua capacità di provocare, innovare e riflettere i cambiamenti sociali attraverso pochi centimetri di tessuto.
La sua origine risale agli anni Sessanta, un’epoca segnata da profonde trasformazioni culturali. È nel 1964 che la stilista britannica Mary Quant, dalla sua iconica boutique su King’s Road a Londra, presenta al mondo la sua versione della gonna corta che cambierà la storia della moda. Sebbene l’idea di accorciare le gonne fosse già emersa, è stata Quant a renderla un’icona della gioventù ribelle e moderna.
Con questo lancio, la stilista non creava soltanto un capo nuovo, ma rispondeva a un’urgenza: quella di una nuova generazione di donne che voleva esprimere la propria libertà anche attraverso il vestire. “La moda deve essere divertente, vibrante e capace di muoversi con il corpo”, affermava Quant. Ed è proprio questo che la minigonna incarnava. Rompendo con le convenzioni dell’epoca, in cui dominavano le gonne lunghe e l’abbigliamento castigato, la minigonna divenne un gesto audace, un’esplosione di modernità che si diffuse in tutto il mondo.
Nello stesso anno, il designer francese André Courrèges iniziò a proporre nelle sue collezioni couture delle gonne più corte, inaugurando una diatriba che dura ancora oggi su chi sia stato realmente il creatore della minigonna. Se da un lato Courrèges proponeva una moda futurista e minimalista, fu Quant a trasformare il capo in un fenomeno popolare, accessibile e democratico: la minigonna entrava nelle boutique di lusso, ma anche nei grandi magazzini.
Cortesia Getty Images
L’esplosione della minigonna coincise con la seconda ondata femminista, che rivendicava l’uguaglianza di genere, il controllo del proprio corpo e la libertà sessuale. La minigonna divenne così simbolo potente di autonomia, un atto di emancipazione. Mostrare più pelle di quanto fosse ritenuto accettabile significava, per molte donne, riappropriarsi della propria immagine e sfidare le norme sociali.
In diversi Paesi conservatori, la minigonna fu oggetto di pesanti critiche e persino di proibizioni. Negli anni ’60, in nazioni come la Spagna franchista o in alcune aree dell’America Latina, le istituzioni religiose e politiche condannarono il capo come immorale. Indossarla poteva comportare multe o l’espulsione da spazi pubblici, rafforzando la sua reputazione ribelle e trasgressiva.
Negli anni ’70, in piena rivoluzione sessuale e con i movimenti di liberazione femminile in ascesa, la minigonna restava un emblema di libertà. Protagonista di copertine, editoriali e della cultura pop, veniva indossata da icone come Twiggy, Brigitte Bardot o Jane Birkin, donne che incarnavano una nuova femminilità, giovane, indipendente e consapevole.
Negli anni ’80, la minigonna si fece più audace: in pelle, vinile, con dettagli punk, diventò simbolo di potere e sessualità femminile, adottata da star come Madonna. Negli anni ’90, con il ritorno del minimalismo, case come Prada e Calvin Klein la reinterpretarono in versioni sobrie e rigorose, adeguandola a una moda più essenziale e strutturata.
Cortesia Miu Miu